In Italia, l’inflazione cresce dell’8%, toccando livelli che non venivano raggiunti dal 1986.
Oltre ad un generale aumento dei prezzi che grava sui beni di consumo, al netto delle componenti di fondo e dei beni energetici, ciò che ha subito un incremento maggiore è il così detto “carrello della spesa”: alimenti e prodotti per la cura della casa.
Allo stesso tempo crescono i beni energetici regolamentati e non, rispettivamente di 6 e 7 punti percentuali su base annua (+48,7 e +39,9), i tabacchi (da + 6,0 a +7,2) e il differenziale inflazionistico negativo tra i servizi e i beni (i quali hanno un aumento del +8% rispetto ai primi).
L’incremento dell’indice generale è quindi influenzato maggiormente dai prezzi energetici e dai prodotti alimentari, frutto non solo della guerra in Ucraina, ma anche dalla siccità, che grava maggiormente sui prodotti freschi: frutta e verdura aumentano rispettivamente del +10,8% e +11,8%.
Questi aumenti stanno mettendo in forte difficoltà il cittadino medio che si trova a percepire lo stesso stipendio a fronte di aumenti di prezzo dei beni di prima necessità; dal lato dei risparmiatori, vista la tendenza nel mantenere sui conti correnti gran parte delle proprie disponibilità, stiamo assistendo ad una perdita di potere di acquisto che non si vedeva da oltre 30 anni.
Segnali negativi provengono anche dall’Europa, che registra una diminuzione della produzione del settore manifatturiero (da 54,6 di maggio, all’attuale 52,1), avvicinandosi ai valori di agosto 2020.
Questi dati gravano sulle imprese, preoccupate per la combinazione ordini in calo/inflazione, che nell’eurozona ha raggiunto l’8,6% (dall’8,1% di maggio), gravata principalmente dal rincaro dell’energia.
In aggiunta, a pesare sulle imprese è la carenza di manodopera: il tasso di disoccupazione europeo ha raggiunto i minimi storici (6,6%), paralizzando il settore dei servizi e creando pressioni sui salari e di conseguenza, sull’inflazione.
Questi dati si registrano omogenei anche al di fuori dell’Unione: il Regno Unito segna un repentino declino degli ordini, l’esportazione sud coreana scende consecutivamente da 19 mesi, gravando sul commercio internazionale, la produzione giapponese è diminuita dal rallentamento dell’import di materie prime cinesi. La stessa Cina però, dopo la graduale diminuzione delle misure di contenimento “Zero Covid”, sta aumentando l’attività produttiva per recuperare i mesi persi.
Nell’attesa che le Banche Centrali operino per contrastare l’inflazione, errore da evitare è scegliere di non curare i propri investimenti e/o decidere di abbandonare i risparmi nel proprio conto corrente.
La scelta di investire in modo consapevole con attenzione ai rischi è la decisione migliore da mettere in atto per salvaguardare se stessi ed evitare di essere inclusi in questa spirale di perdita.
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Fonte: Il Sole 24 ore
Alice Boschetti